Filone JAMES JOYCE

Dimmi Molly

da Ulisse, cap.XVIII

https://vimeo.com/524574962

DIMMI MOLLY
da una idea di Riccardo Cepach
una prod. Museo Joyce Museum
video live-painting Cosimo Miorelli
voce Diana Höbel
musiche originali Baby Gelido

Il monologo di Molly Bloom, la moglie fedifraga di Leopold occupa tutto il capitolo conclusivo dell’ “Ulisse” di Joyce. Nella nostra versione, il flusso di coscienza diventa un ininterrotto, fluviale, sinestetico flusso di immagini, musica e voce.

http://iltempodelledonne.corriere.it/2016/notizie/abc-tempo-donne-lessico-dell-amore-48fef1ee-7863-11e6-83b8-0f3d7d1c35c5.shtml

Nausicaa on the beach

da Ulisse – cap.XIII

Bloom’s day 2019 – Adriano Giraldi e Diana Höbel

Una prod. Museo Joyce Museum

di Diana Höbel – Con Adriano Giraldi e Diana Höbel – Musiche originali di Baby Gelido

Un lido balneare triestino noto per la sua divisione in maschi e femmine degli ospiti. Sulla ghiaia, la ricostruzione di un salotto borghese. Su un tappeto, è seduta “Nausicaa”. E’ vestita di blu. Accanto a lei, sparsi, rotocalchi femminili. La parete di fondo è il mare. Un uomo emerge dal mare. Ulisse. Cammina verso il salotto e vi entra dal fondo. “Lord, I am wet!”. Si asciuga. Si veste. Guarda Nausicaa e comincia a raccontarci.

Ulisse/Bloom ci guida dentro l’episodio 13 dell’Ulisse, intrecciandosi alle parole di Nausicaa/Gerty, che ne interpreta la prima parte (“tumescenza”). L’uomo in scena ci svela la struttura del capitolo Joyciano e i parallelismi con il libro VI dell’Odissea; si muove nella spiaggia/salotto come a casa sua; infine, subentra a Nausicaa/Gerty nella seconda parte dell’episodio (“detumescenza“), mentre quest’ultima, ormai privata di una funzione, smantella l’intera costruzione scenografica, e il suo piccolo sogno domestico.


De’ Tuoni

da Ulisse, Cap. XI – Sirene

Una prod. Museo Joyce Museum
Realizzata da Teatro Stabile Sloveno

da un’idea di Riccardo Cepach
uno spettacolo di Diana Höbel
con Nikla Petruška Panizon, Diana Höbel
musiche originali di Baby Gelido

Bababadalgharaghtakamminarronnkonnbronntonnerronntuonnthunntrovarrhounawnskawnt­oohoohoordenenthurnuk!
Il principio è un rombo di tuono. Potenza della natura. Si può esserne terrorizzati, o impossessarsi della sua forza. Nascondersi al magma di emozioni, o farsi attraversare dal tuono e lasciarlo fluire, traducendolo in parole, seppur assurde.
Due sirene vestono panni maschili. Forse sono gli abiti di uomini sedotti e fatti naufragare. Giocano ad essere James Joyce e Dario De Tuoni, che dallo scrittore ancora sconosciuto e squattrinato imparava l’inglese. Le due sirene si tuffano nei desideri e nelle liriche joyciane, riemergono con frammenti di vita quotidiana raccontati dall’allievo, per mimetizzarsi infine in due bariste dell’Ormond’s pub, ritratte nell’undicesimo capitolo dell’Ulisse. Sono loro a suggerirci che abbandonarsi al canto delle Sirene può essere il modo per ritrovare – e non per perdere – noi stessi. Il mare sembra lor di sentire. Che canta. Un ruggito. È il sangue. Uno sciacquio nell’orecchio a volte. Beh, è il mare. Isole globuli.


Ugly Duckling

da Ulisse, cap.XVII – Itaca

Una prod. Museo Joyce

drammaturgia di Diana Höbel
con Diana Höbel e Paolo Musio
musiche originali dal vivo di Baby Gelido

Chaosmos, cosmo nel caos, è parola coniata da Joyce: è l’esigenza di trovare un ordine che sottostia al guazzabuglio del mondo. Tornare a casa. O anche di far quadrare il cerchio:
“Sto costruendo una macchina con una sola ruota. Senza raggi, naturalmente. La ruota è
un quadrato perfetto
. Capisci dove voglio andare, vero?”
Razionalizzare l’irrazionale.

Tornare a casa. Ci proveremo anche noi, con musica e parole, attraversando l’insidioso “brutto anatroccolo”, alias Itaca, il capitolo più logorroico,
disperante, insensato
dell’Ulisse e per questo, naturalmente, il preferito dal suo autore.


Love is unhappy when love is away

Una prod. Museo Joyce Museum

Recital dalla raccolta Chamber Music di James Joyce (e dalle “dirty” letters dell’autore alla moglie Nora)

con Diana Höbel – musiche originali dal vivo di Baby Gelido.


Ispirate ai songs elisabettiani e allo stile del simbolista di Verlaine, le liriche di Chamber Music sono poesie a tema amoroso (vi si racconta l’arco di sviluppo di un amore, dalla nascita, alla fioritura, fino al declino e alla fine) e sono composte con maniacale attenzione al suono delle parole, tanto che si possono considerare come un primo tentativo, da parte di Joyce, di esplorazione del linguaggio come fenomeno sonoro. In esse, come sempre, «Joyce vive tra gli antipodi e al di sopra di essi», accostando l’alto e il basso, il corpo terreno e le sfere celesti, pizzicando corde che vibrano sullo strumento e risuonano nell’aria.