
http://robertocanziani.eu/quantescene/2020/02/11/ferriera-hobel/
Perchè la Ferriera? Perchè è un tema tabù. Che tocca non solo il destino dell’impianto in questione, quanto il tema più generale dello sviluppo di un territorio.
Il teatro va a guardare dove non si vorrebbe guardare. Affrontare un argomento del genere, significa andare dentro un rimosso, un problema insoluto, una “rogna”. Vogliamo trasformare il problema in una risorsa, in un momento di incontro, e di crescita collettiva.
Raccontare la Ferriera vuol dire entrarci dentro. Entrare dentro alle sue origini, e imparare cosa vuol dire siderurgia, cosa vuol dire politica industriale di una nazione, come queste si siano evolute nel corso dei decenni, errori e strategie, ideali di progresso e clientelismi mortali. Tornare indietro e raccontare dell’IRI, nato nel primo dopoguerra, attraversare il piano Sinigallia degli anni ’60, fino ad arrivare alle “dismissioni” (e privatizzazioni) degli anni ’90 (vedi Italsider di Bagnoli, la cui bonifica pare sia cominciata a gennaio 2020, a circa trenta anni dall’esplosione col tritolo della prima torre caldaia). La storia della Ferriera triestina, dunque, si apre a noi e diventa il racconto di un piccolo borgo che cambia e si fa industriale, che poi è la nostra nazione stessa, il piccolo borgo. Significa partire dal locale, per ragionare su scala globale. Partire dal passato, per orientarci al meglio nel futuro che è già qui.
Punto
di
fusione
Uno spettacolo sulla Ferriera di Trieste
di e con Diana Höbel
Prod. Teatro degli Sterpi.
Prima italiana: Hangar Teatri, feb. 2020.
“Punto di fusione” nasce dall’esigenza di affrontare un tema caldo – la chiusura del centenario stabilimento siderurgico triestino, ex Ilva, ex Italsider – in modo freddo, ossia quanto più razionale, super partes e oggettivo possibile. E questo non per ecumenismo, quanto per indagare la possibilità di una nuova prospettiva da cui guardare l’accaduto, nel rispetto di tutte le sensibilità in causa. Il titolo “Punto di fusione” fa riferimento infatti sia al punto di fusione dei metalli che, metaforicamente, alla fusione di interessi che sembrano contrapposti e resistono l’uno all’altra.

CARMEN
una prod. Fondazione Benetton
di e con Diana Höbel
Prima nazionale Palazzo Bomben – Treviso – 2005
Noris Guizzo, nome di battaglia Carmen, fu staffetta partigiana a Treviso.
La sua storia è casualmente venuta alla luce grazie alle ricerche dello storico trevigiano Federico Maistrello, incuriosito dal ricorrere del nome Carmen tra i testimoni che, nel dopoguerra, deposero contro i nazifascisti.
La Fondazione Benetton mi ha chiesto di ricostruirne la storia. A mia disposizione ho avuto gli atti dei processi, le pubblicazioni di Rinascita dell’aprile ’45, le fotografie e le testimonianze delle persone che furono partigiani insieme a Carmen e che con lei condivisero l’esperienza dell’emigrazione oltreoceano negli anni ’50.
Tutto questo materiale l’ho portato in scena in un monologo che ha preso la forma di un’istruttoria serrata, in cui la fiducia di una generazione nella possibilità di modificare il corso degli eventi lottando con coraggio e generosità si confronta con il sentimento di immobilità dell’oggi.
https://drive.google.com/file/d/1RJaIIS79xNtjUJ703GceHJbSb-Cpe2rS/view?usp=sharing
